Dodici clienti si sono seduti al bancone del bar di un grande albergo,
hanno chiesto dodici cocktail diversi e hanno raccontato le loro dodici
storie al barman.
"Il bar è un palcoscenico, un luogo deputato alla
commedia dell'arte dove entra chi vuole farsi vedere e chi vuole
guardare".
Sono un barman.
Uno di quegli eleganti zingari della bottigliera, considerati di solito
dalla gente poeti e sognatori. Specie di artisti in grado di creare
alchimie e incantesimi, capaci poi di evocarli dalle profondità brevi
del bicchiere e imbonitori silenziosi di chissà quali elisir.
Non è proprio così. Noi andiamo per il mondo seguendo un unico
impulso: dosare, mescolare e qualche volta shakerare la nostra stessa
anima. Restiamo soddisfatti solo quando la racchiudiamo fra le pareti
cristalline, convinti di averla imprigionata e già subito pronti a
liberarla. Siamo come Faust, cediamo la nostra eternità in cambio del
piacere effimero di una stagione.
Sono un barman. Esperto e un po’ stanco.
Appoggiato al bancone del bar guardo fuori, oltre le grandi finestre
dell’albergo. È ottobre, stiamo per chiudere. La maggior parte
dei clienti è tornata alle sue ricche case in città. In ognuna di esse, da
qualche parte, ci deve essere un brandello della mia anima. Chissà
cosa starà vivendo, in questo momento. Ma non importa saperlo,
mi basta essere sicuro che sia lì.
L’autunno è dolce, in montagna. Vedo i colori dei cembri e dei larici
sfumarsi appena di stanchezza, scavare con riflessi cupi la superficie del
lago mentre si incuneano nella copia tremolante del cielo che increspa
l’acqua sempre più fredda.
Adesso fuori c’è silenzio. Come qui dentro.
Non viene quasi più nessuno: qualche caffè frettoloso, un cognac
buttato giù senza la compagnia dei pensieri.
Così, mentre per l’ennesima volta riallineo i bicchieri scintillanti,
cercando con pignoleria inutile qualche piccola imperfezione in tanta asettica pulizia, ho tempo di pensare. A chi ho incontrato e si è seduto
qui davanti. Sono corrieri inconsapevoli: porteranno, stanno già portando
in giro una parte di me.
In cambio mi hanno lasciato qualcosa. Niente ricordi, i ricordi sono
cose e persone destinate a non tornare più. Sono emozioni. Le
rivivrò, d’ora in poi, quando qualcuno mi chiederà da bere ciò che
hanno chiesto loro. Le contrabbanderò in silenzio fra gli ingredienti
e poi le guarderò allontanarsi, compiaciuto di quel pizzico in più aggiunto
clandestinamente.
Sono un barman. Esperto, un po’ stanco e per una volta narratore.